Nicoziana, il tabacco che di notte profuma il vostro giardino

nicotiana rossa

Il nome scientifico di questa pianta ricorda il famoso ]ean Nicot, che recatosi alla corte del Portogallo in qualità di ambasciatore, vi fece conoscere la pianta della Nicotiana tabacum, che è poi il «tabacco». In un secondo tempo, sempre il signor Nicot, portò alcune piante di questo esotico genere a Caterina de’ Medici che dimostrò grande entusiasmo per i fiori di tabacco, tanto che da allora la Nicotiana si chiamò volgarmente «erba della regina».

La diffusione del tabacco in Italia, invece, non fu merito di Nicot, bensì del vescovo Alfonso Tornabuoni; in suo onore per un certo periodo il tabacco si chiamò infatti «erba tornabuona». Oggi, quando si parla di tabacco, si distinguono le piante che forniscono tabacco da fumo e quelle ornamentali, cui appartengono molte interessanti specie, dal profumo graditissimo e quasi sempre a fioritura notturna.

La nicoziana, per la sua prerogativa di emanare un profumo particolarmente dolce soprattutto nelle ore notturne, viene impiegata per la decorazione delle zone del giardino più vicine all’abitazione, oppure per adornare terrazze e balconi. Per ottenere il maggior effetto ornamentale, vi consiglio di piantare la nicoziana in ciuffi piuttosto ricchi.

Melo decorativo, come prendersene cura

melo decorativo

Il Malus communis, ovvero il melo appartiene alla famiglia delle rosacee; questa pianta non è solo un albero da frutto, perché ci sono delle specie ornamentali molto decorative, che garantiscono bellissime fioriture in primavera oltre ai caratteristici frutti.

Il melo decorativo va piantato in pieno sole, su un terreno non calcareo, fresco e fertile, ed è importante non fargli mai mancare l’acqua, soprattutto durante la maturazione dei frutti. La concimazione va effettuata d’autunno con concime organico, mentre in primavera con concime minerale composto. Il periodo migliore per la messa a dimora del melo va da metà ottobre fino a fine novembre; l’ideale è piantarlo in buche di circa 80 centimetri di larghezza e di profondità, con l’aggiunta, nel fondo, di terriccio miscelato; dopo averlo messo a dimora, è necessario annaffiarlo molto.

Iris, caratteristiche e cure

iris

L’iris è il fiore chiamato comunemente giaggiolo, che deve il suo nome a Iride, la messaggera degli dei; la forma popolare giaggiolo è dovuto alla sua forma, che ricorda il ghiacciolo. Le iris possiedono una forma molto semplice, tre petali verso l’alto e tre verso il basso, e per questo sono state spesso riprodotte nei manoscritti per impreziosirli o come simbolo di una città, come nel caso del giglio di Firenze, che in realtà è una iris, ma viene chiamata erroneamente giglio perché i due fiori appartengono allo stesso gruppo botanico.

Sotto il nome di iris sono comprese 200 specie di piante della famiglia delle Iridacee; in floricoltura i giaggioli vengono comunemente divisi in due gruppi: iris bulbosi e iris rizomatosi. Il giaggiolo più conosciuto è l’iris germanica, ovvero il cosiddetto “giglio di Firenze”, con i fiori di colore bianco con delle striature viola.

Piuttosto comune è anche l’iris di S. Antonio, tutto viola e dai fiori molto profumati. Esistono anche delle varietà di iris di colore blu, giallo, rosa e rosso scuro, e il loro significato nel linguaggio dei fiori è buona novella.

La tritonia, banderuola segnavento

Tritonia

La storia del nome di queste piante è abbastanza curiosa; infatti, un tempo esse venivano attribuite al genere Montbretia, che ricordava il botanico francese Ernest Conquebert de Mombret, mentre più tardi vennero ascritte al genere Tritonia, che deriva dal greco triton ossia «banderuola segnavento». Lo strano nome è stato scelto perché gli stami delle corolle delle monbrezie o tritonie, sono disposti in modo diverso nelle varie specie, senza un’apparente ragione, proprio «come vuole il vento».

Nel simbolico linguaggio dei fiori le monbrezie significano «io ti assomiglio».

Le tritonie o monbrezie stanno assai bene nel bordo misto, sulle roccaglie, o in ciuffi isolati al margine del prato, soprattutto negli angoli dove fioriscono spontanei i crochi e i narcisi. Le belle infiorescenze della tritonia possono anche essere utilizzate come fiore reciso perché durano a lungo, soprattutto se si ha l’accortezza di raccogliere le spighe quando sono ancora abbastanza chiuse e solo le corolle poste sulla cima dell’infiorescenza cominciano a mostrare il colore dei petali.

Salvia, non solo una spezia

salvia-officinalis

Nella tradizione popolare la Salvia viene considerata spesso solo come spezia, dimenticando che questa pianta è particolarmente adatta ad ornare giardini e balconi con i suoi fiori dai molteplici colori a seconda della varietà.

Appartiene alla famiglia delle Lamiacee e comprende circa settecento specie, sia erbacee che suffruticose, coltivabili in piena terra o in vaso. Predilige l’esposizione soleggiata ad un temperatura mai inferiore ai 5°C e necessita di annaffiature abbondanti e frequenti, specie nei mesi più torridi dell’anno.

Come detto, la specie di gran lunga più utilizzata è la quella “da cucina”, vale a dire la Salvia officinalis, ideale per condimenti ed insalate, alle quali conferisce un sapore del tutto particolare. E’ caratterizzata da foglie picciolate di colore grigio-verde  e produce fiori viola riuniti in spighe.

Choisya ternata, l’arancio messicano

Choisya ternata

La Choisya ternata è una pianta sempreverde che appartiene alla famiglia delle Rutaceae e che con il tempo, diventa un cespuglio alto più o meno due metri. La Choisya ternata è una bellissima pianta decorativa, ancora poco conosciuta, dalle foglie di colore brillante e molto profumate.

Il nome comune della Choisya ternata è arancio messicano, una denominazione che indica sia la provenienza, sia la somiglianza dei suoi fiori con quella delle arance; questi fiori possiedono un colore bianco, sono molto profumati e sbocciano a maggio e in autunno. L’ambiente ideale dell’arancio messicano è il mare al riparo dai venti: questa pianta, infatti, ama il clima mite e detesta il freddo e il gelo.

Monarda, tè di Pennsylvania

Monarda didyma

II nome scientifico della monarda è legato a quello di uno studioso di botanica, il medico spagnolo Nicholas Monardes, vissuto nel Cinquecento, autore di un pregevole libro sulla flora spontanea del Nord America.

Nel linguaggio comune queste bellissime e robuste piante sono chiamate «menta selvatica», «menta dei cavalli», «balsamo delle api», «té di Oswego» e «tè di Pennsylvania». A questo proposito, è bene ricordare che con le foglie essiccate della monarda didyma si prepara un’ottima bevanda, dal potere corroborante, chiamata appunto «té d’Oswego» o «té di Pennsylvania». Invece, dai fiori della stessa specie (che è quella più diffusa e coltivata) si ricava una sostanza odorosa nota come «monardina» che ha impiego in medicina e in profumeria.

Le monarde sono piante degne della massima considerazione, ma purtroppo in Italia esse non sono molto comuni e la loro presenza è limitata ai giardini di qualche appassionato e ai parchi naturalistici o sperimentali. E’ possibile impiegare questi esemplari in vari angoli del giardino: come bordura o come macchia isolata, per creare uno sfondo di intenso colore a un qualsiasi elemento decorativo (vasche, stagni, fontane, statue o panchine) per fiancheggiare un cancello di ingresso oppure per concludere il disegno di una scala.

Peonia, varietà e cure

peonia

Nella scelta della pianta giusta per il nostro giardino siamo spesso condizionati dal fattore-temperatura, poiché non sempre è facile trovare specie capaci di sopportare i rigidi inverni italiani (specie nel centro-nord). E allora ecco giungere in nostro soccorso la Peonia, pianta dalla fioritura spettacolare e particolarmente adatta ai climi freddi.

Appartiene al genere delle Peoniacee ed il suo nome è legato alla tradizione greco-romana. Peone, infatti, era il nome del medico degli dei, trasformato in fiore dopo aver alleviato i dolori del parto di Latona. La tradizione orientale  racconta invece che la Peonia era il fiore degli imperatori, ai quali era riservato il privilegio di coltivarla e raccoglierla.

Leggende molto diverse tra loro, ma che comunque ci danno l’idea di quanto sia antica la coltivazione della Peonia, usata per lo più a scopo ornamentale per le sue fioriture colorate e molto profumate.

Gazanie, le margherite del sole

gardenia

II nome scientifico di queste piante ha una origine molto importante; esso, infatti, ricorda il grande umanista Teodoro di Gaza, vissuto nel ‘400, noto per aver tradotto in latino le opere di molti filosofi greci, da Aristotele a Teofrasto.

Nel linguaggio comune le gazanie, le cui corolle sono sensibilissime alla luce e si richiudono non appena il sole viene velato dalle nuvole, vengono chiamate «margherite del sole».

In Sud Africa le corolle della gazania vengono usate per intrecciare collane e ghirlande di cui gli indigeni sono soliti ornarsi durante le cerimonie religiose.

Le gazanie hanno il più ampio impiego, sia in giardino sia sul balcone, purché in posizione calda e riparata; non resistono all’assalto del gelo e perciò nelle regioni a inverni molto freddi alcune delle specie perenni vengono coltivate come annuali, mentre nelle zone calde possono essere sfruttate secondo la loro caratteristica di erbacee perenni, ossia quella di perdere la parte aerea durante la cattiva stagione per rivegetare puntualmente a primavera.

Erica, il fiore della Brughiera

erica

L’erica è una delle piante coltivate nei giardini, anche in vaso, che più caratterizzano il paesaggio della brughiera; resistente, caparbia, duttile e indubbiamente bella, l’erica è in grado di resistere per molti anni compiendo progressi quasi impercettibili fino a quando, dotatasi di un esteso apparato radicale, inizia a crescere e fiorire oltre ogni attesa.

Con il nome erica si indica un genere ricco di oltre 500 specie sempreverdi, arbustive e suffruticose, diffuse su una vasta area, con caratteristiche morfologiche e agronomiche piuttosto distanti. Le eriche sono piante multiformi e versatili, con specie adatte ai terreni calcarei e varietà adatte ai terreni acidi, con periodi di fioritura diversi che possono coprire quasi tutto l’anno.

L’erica più diffusa è l’Erica darleyensis, un ibrido creatosi in modo spontaneo in un vivaio inglese alla fine del 1800, che ha ottenuto un rapido successo per la crescita vigorosa, l’elevata adattabilità, la lunga fioritura, ed il portamento compatto che la rende idonea a formare macchie alle quali serve una manutenzione veramente minima. I fiori dell’Erica darleyensis, sono campanulat, e durano molti mesi: da novembre fino a maggio. Sono riuniti in rami lunghi dagli 8 ai 15 centimetri, e possono essere bianchi, rosa, porpora o bicolori; le foglie sono molto piccole e possono avere diverse tonalità di colore.

Il girasole, cure colturali

girasoli

Il girasole (Helianthus annuus) è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Compositae. Poichè può raggiungere anche altezze notevoli (fino a 3 metri) è particolarmente adatta alla coltivazione in giardino e in piena terra, ma esistono anche varietà nane che si prestano alla coltivazione in vaso in balconi e terrazze. A renderlo tanto noto e amato è senza dubbio l’aspetto maestoso del fiore e del fusto lungo e robusto unitamente al fenomeno noto come eliotropismo: ossia il movimento che l’infiorescenza e le giovani foglie compiono in direzione del sole man mano che questo si sposta durante la giornata.

Quanto alle caratteristiche botaniche, il girasole è una pianta abbastanza resistente sia al freddo che alle temperature elevate che non necessita di cure particolari, anche quando coltivata a scopi ornamentali in giardini e terrazze. Unico accorgimento necessario, neanche a dirlo, è che la pianta sia posta in posizione ben soleggiata.

L’elicriso, bello anche secco

elicriso

II suo nome scientifico deriva da due parole greche e significa letteralmente «giallo come il sole». Sin dai tempi più antichi queste coloratissime piante sono state assai apprezzate come specie medicinali, per la cura di varie affezioni quali quelle dei bronchi, della pelle e dei reni. Alcuni elicrisi vengono anche usati come componenti di ricette gastronomiche di tipo esotico, dato che in Asia orientale e in Africa gli indigeni si cibano abitualmente dei germogli di queste pianticelle. Comunemente gli elicrisi vengono chiamati «perpetuini», «semprevivi» o «zolfini».

Impatiens, caratteristiche generali

impatiens

Il genere Impatiens comprende circa 700 specie annuali, biennali e perenni. Si tratta di piante che producono un’abbondante fioritura per tutto il periodo primaverile-estivo, dotate di belle foglie verde intenso translucide. Le impatiens producono anche dei frutti, rappresentati da capsule secche piene di semi che esplodono facilmente al tatto (caratteristica alla quale la pianta deve il proprio nome). I fiori di colore rosa, rossi, bianchi, arancio, violetti, sono sia di forma appiattita che globulosa, singoli, doppi o a mazzetti.

Le impatiens si prestano ad essere coltivate in vasi e bordure anche in composizioni, dal sicuro effetto cromatico, con altre specie. Sono piante che si sviluppano in breve tempo e necessitano di poche attenzioni a patto di rispettare alcune indicazioni fondamentali quali l’esposizione in penombra e le innaffiature frequenti. Le impatiens infatti sono originarie di zone caratterizzate da climi umidi tropicali e sub-tropicali con periodi di piogge abbondanti ed hanno bisogno di un terreno costantemente umido per svilupparsi al meglio. Le innaffiature vanno sempre eseguite al mattino presto, oppure al tardo pomeriggio.