Mancato accordo tra i Membri UE per gli obiettivi climatici del 2040

Le divisioni interne tra i governi europei sui piani climatici stanno impedendo all’Unione Europea di raggiungere un accordo e di presentare i suoi nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite entro la scadenza fissata.

Questo ritardo rischia di compromettere la leadership internazionale dell’UE in vista della prossima COP30 in Brasile.

obiettivi climatici
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La causa del disaccordo tra le parti

La principale causa del disaccordo riguarda l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2040. La proposta della Commissione Europea di tagliare le emissioni del 90% ha incontrato l’opposizione di diversi Stati Membri, tra cui Italia, Repubblica Ceca, Polonia e Francia. Il Ministro ceco, Petr Hladik, ha espresso scetticismo sulla fattibilità tecnologica di un obiettivo così ambizioso.

Alcuni Paesi, come Italia e Repubblica Ceca, stanno anche cercando di indebolire politiche già in vigore, come il divieto di vendere nuove auto a combustione interna dopo il 2035. A causa di queste resistenze, il Consiglio Ambiente dell’UE non è riuscito a raggiungere un consenso e la discussione è stata rimandata al Consiglio dei Capi di Stato e di Governo di ottobre. In attesa di un accordo, i Ministri europei hanno elaborato una dichiarazione di intenti che suggerisce una riduzione delle emissioni tra il 66,3% e il 72,5% entro il 2035, proponendo due possibili scenari per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Sebbene questa dichiarazione sia un compromesso, un alto funzionario UE l’ha definita “molto meglio di niente” come documento da presentare all’ONU.

La posizione dell’Italia

Il Ministro italiano dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ha sottolineato la necessità di obiettivi realistici per evitare costi insostenibili per cittadini e imprese. Ha inoltre evidenziato l’importanza di includere tutte le tecnologie che contribuiscono alla riduzione delle emissioni, come il nucleare, lo stoccaggio del carbonio (CCS e CCU) e i biocarburanti. L’Italia, come altri Paesi, nutre preoccupazioni riguardo all’incertezza sul settore agricolo e forestale (LULUCF) e sul ruolo delle rimozioni tecnologiche, sostenendo che non dovrebbero essere limitate ai soli settori ad alta intensità di emissioni.

Secondo Chiara di Mambro, direttrice di ECCO, il rinvio della decisione, seppur rischioso, è l’unica via percorribile per permettere agli Stati Membri di definire le condizioni per l’implementazione degli obiettivi. Di Mambro ritiene cruciale che l’Europa arrivi alla COP30 con obiettivi allineati con le indicazioni scientifiche, così da sfruttare le opportunità delle tecnologie verdi e garantire autonomia strategica e competitività.

Il ritardo dell’UE si inserisce in un contesto internazionale già complesso, caratterizzato dal disimpegno statunitense e dalle difficoltà di altre nazioni nel bilanciare azione climatica e crescita economica. La complessità del dossier e il suo impatto strategico richiedono che la decisione finale sia presa dai Capi di Stato e di Governo, i soli in grado di stabilire il livello di ambizione e le flessibilità necessarie per ciascun territorio

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