Troppe sovvenzioni danneggiano l’ambiente in Italia

Ogni anno, l’Italia destina miliardi di euro a sovvenzioni che, direttamente o indirettamente, danneggiano l’ambiente. Questi cosiddetti Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) rappresentano un ostacolo significativo per la transizione ecologica del Paese. L’importanza di monitorare questi sussidi, così come quelli ambientalmente favorevoli (SAF), è cruciale per orientare le politiche fiscali verso la sostenibilità, come sottolineato anche dalla Commissione Europea che vede nella fiscalità un mezzo fondamentale per raggiungere gli obiettivi del Green Deal.

ambiente
ambiente

Spunti sulla tutela dell’ambiente in Italia e sul tema sovvenzioni

A tal fine, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica pubblica annualmente il Catalogo dei sussidi ambientali. L’ultima edizione, basata sui dati del 2022, ha rivelato un quadro preoccupante: i sussidi dannosi ammontano a 24,2 miliardi di euro, superando i 20,3 miliardi di euro dei sussidi favorevoli. Di questi SAD, ben 17 miliardi sono stati destinati al settore dei combustibili fossili, un dato in crescita rispetto all’anno precedente. La definizione stessa di “sussidio” presenta delle complessità metodologiche.

Il Catalogo italiano adotta un approccio ampio, in linea con l’OCSE, che considera i sussidi come misure che mantengono i prezzi al di sotto dei livelli di mercato o riducono i costi per produttori e consumatori. Per classificare i sussidi come SAD, SAF o incerti (SAI), il Ministero utilizza una valutazione qualitativa basata su una checklist che analizza l’impatto ambientale e le possibili alternative. Nonostante la validità di questo strumento, il Catalogo presenta dei limiti significativi.

Uno dei problemi principali riguarda il mancato calcolo dei sussidi “impliciti”, come ad esempio il diverso trattamento fiscale tra gas ed elettricità, che penalizza l’elettrificazione. A causa di questa lacuna, le stime del Catalogo risultano inferiori rispetto ad altre analisi: per esempio, il Fondo Monetario Internazionale stima che i SAD italiani superino i 60 miliardi di euro, circa il triplo di quanto mappato dal Ministero.

Sebbene il Catalogo sia uno strumento prezioso, come base di partenza per la discussione, la sua incompletezza riduce la sua efficacia nel fornire un quadro completo e realistico. Il PNRR ha fissato ambiziosi obiettivi per la riduzione dei SAD: 2 miliardi entro il 2026 e ulteriori 3,5 miliardi entro il 2030. Tuttavia, gli strumenti per raggiungere questi traguardi sono insufficienti e, soprattutto, manca una strategia organica e integrata con le politiche economiche e fiscali.

Nonostante il Catalogo sia stato un riferimento tecnico per la revisione delle accise sui combustibili fossili, non esiste ancora un piano ben definito che pianifichi la graduale eliminazione dei SAD, accompagnando questo processo con misure di supporto per la decarbonizzazione e per le fasce sociali più vulnerabili.

Sebbene una grande parte dei SAD (20 miliardi di euro) sia riformabile a livello nazionale, l’assenza di un piano chiaro e di misure di accompagnamento rende il raggiungimento degli obiettivi del PNRR un’impresa complessa. La transizione ecologica richiede non solo il monitoraggio dei dati, ma anche l’impegno politico e una pianificazione strategica per tradurre la consapevolezza in azione concreta.

Lascia un commento