L’Europa non sta vincendo la battaglia climatica a fine 2025

L’Unione Europea si trova in un momento di profonda revisione delle sue ambizioni ecologiche, un passaggio che viene visto dai più scettici come un “bicchiere mezzo vuoto e annacquato” rispetto agli sforzi iniziali del Green Deal. Al contrario, gli ottimisti credono che la semplificazione burocratica e le norme meno severe daranno nuovo slancio alla battaglia climatica, offrendo maggiore competitività alle imprese.

battaglia climatica
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Come procede la battaglia climatica in Europa

Tuttavia, l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha lanciato un avvertimento: il futuro ambientale e climatico dell’UE è attualmente “più nero che verde”. Le recenti settimane hanno visto l’approvazione di modifiche significative, come la revisione del pacchetto Omnibus.

Sebbene sia stato concordato un obiettivo climatico giuridicamente vincolante per ridurre le emissioni del 90% entro il 2040 (rispetto ai livelli del 1990), questo piano risulta più debole delle raccomandazioni scientifiche e delle proposte iniziali di Bruxelles. Inoltre, le leggi sulla trasparenza in materia di sostenibilità sono state ridimensionate in seguito a pressioni di governi e aziende: le imprese, in particolare quelle medio-piccole, avranno meno obblighi di rendicontazione e di controllo delle loro catene di fornitura per violazioni ambientali o dei diritti umani.

Questo allentamento dei vincoli, se da un lato offre un potenziale “nuovo slancio finanziario” grazie a regole più semplici, dall’altro riduce le certezze per gli investitori che desiderano identificare le aziende realmente green. Un altro punto di discussione è il rinvio al 2028 dell’applicazione della tassa sulle emissioni di carbonio per il riscaldamento e i trasporti su strada.

La percezione generale è che l’UE stia progressivamente smantellando il Green Deal per favorire la competitività, svuotando gli impegni di sostenibilità presi in precedenza. Per accelerare la transizione energetica basata sulle rinnovabili, l’UE ha proposto modifiche al regolamento delle reti transeuropee (TEN-E) che conferiscono più poteri di pianificazione alla Commissione. Il “Pacchetto Reti” mira anche ad accelerare il rilascio delle autorizzazioni per progetti energetici, di fatto allentando le lunghe norme di pianificazione ambientali (che potevano richiedere fino a 10 anni).

Questi cambiamenti destano serie preoccupazioni negli ambientalisti. Organizzazioni come ClientEarth, WWF e Lipu temono che l’accelerazione dei permessi metta a rischio la natura e la biodiversità. Ioannis Agapakis di ClientEarth ha definito le modifiche “peggiori di quanto chiunque si aspettasse”, con un impatto negativo sulla salute degli ecosistemi. La responsabile dell’ambiente UE, Jessika Roswall, ha replicato che “non c’è contraddizione tra elevati standard ambientali e competitività”, sostenendo che norme più chiare e semplici porteranno a una migliore attuazione.

Nonostante le assicurazioni di Bruxelles, il WWF Italia e la Lipu hanno lanciato appelli contro quella che definiscono una “regressione” e un rischio di “demolire decenni di protezione della natura”. Le associazioni criticano, in particolare, la revisione al ribasso della Direttiva Quadro sulle Acque e il potenziale aumento dell’inquinamento e dei costi sanitari. L’AEA evidenzia che le prospettive sono peggiorate rispetto all’anno precedente, riflettendo la stagnazione della spesa ambientale e l’aumento delle perdite legate al clima. La conclusione è netta: nessuno dei 28 indicatori analizzati ha mostrato prospettive migliori.

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