Conosciamo l’ultra fast fashion, quando lo shopping diventa sostenibile per l’ambiente

Il fenomeno dell’ultra fast fashion, alimentato dai social media e dalla facilità dell’acquisto online, ci ha resi inconsapevoli “fashion blogger”. Tuttavia, il basso costo apparente di questi capi nasconde un prezzo ben più elevato per l’ambiente e la società, rendendo necessaria un’alternativa consapevole.

ultra fast fashion
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Dettagli da valutare meglio sull’ultra fast fashion

Il fast fashion si basa su una produzione rapida ed economica di enormi quantità di vestiti di scarsa qualità, spesso realizzati in condizioni di lavoro inaccettabili, per essere venduti a prezzi irrisori e rapidamente gettati. Il settore dell’abbigliamento online è un motore significativo dell’e-commerce, trainato da giovani e dalla cultura del “tutto e subito”.

Eppure, solo una minima parte della moda è circolare, e una frazione infinitesimale dei nuovi abiti deriva da indumenti usati. Ogni secondo, un camion di tessili finisce in discarica o inceneritore, rendendo l’industria della moda uno dei settori più inquinanti al mondo per consumo di materie prime, acqua e suolo. La logica del “compra, usa poco e getta” genera montagne di rifiuti.

Solo in Europa, si buttano annualmente 6 milioni di tonnellate di vestiti, spesso scaricati in paesi come il Ghana, con gravi conseguenze ambientali e sociali. Il fast fashion è responsabile di una quota significativa delle emissioni globali di gas serra. Le promesse di sostenibilità delle aziende si rivelano spesso “greenwashing”, una facciata ecologica senza reali azioni concrete. Nonostante ciò, non dobbiamo rinunciare al nostro stile.

Essere sostenibili significa fare scelte consapevoli, “votando” con il nostro portafoglio per un futuro più equo. Possiamo iniziare riducendo gli acquisti impulsivi nel fast fashion, che omologa il nostro stile e ci rende dipendenti dal consumo. Acquistare con consapevolezza, valutando la reale necessità, la durabilità e la qualità di un capo, è un primo passo fondamentale. Un’altra strategia è privilegiare brand sostenibili, che utilizzano materiali naturali o riciclati, producono in modo etico e trasparente, e adottano processi a basso impatto ambientale.

Cercare capi realizzati con cotone biologico, fibre riciclate e seguendo principi di economia circolare può fare la differenza. Il mercato dell’usato rappresenta un’alternativa valida e di tendenza. Acquistare capi second-hand non solo evita che finiscano in discarica, ma permette di trovare pezzi unici e di risparmiare. Inoltre, rivendere ciò che non usiamo più allunga il ciclo di vita dei prodotti.

Anche a livello politico si sta muovendo qualcosa. Organizzazioni come l’ONU e la Commissione Europea promuovono un modello di moda più circolare, con obiettivi concreti per la salvaguardia delle risorse, la riduzione dell’inquinamento e la trasparenza nella filiera produttiva. Il “passaporto digitale del prodotto” è uno strumento promettente per informare i consumatori sull’intero ciclo di vita di un capo. In conclusione, il cambiamento richiede la consapevolezza di ognuno di noi. Ogni piccolo gesto, come l’acquisto di una semplice t-shirt, può essere un atto politico a favore di una moda più sostenibile.

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