Mosca bianca o aleurodide, parassita

mosca bianca aleurodide parassitaLa mosca bianca, conosciuta anche sotto il nome di aleurodide, è uno dei parassiti più diffusi nell’intero globo. Pur essendo originario dei paesi tropicali, grazie ad una capacità di resistenza fisica non indifferente si sparso velocemente in ogni continente. Questo insetto ama particolarmente i luoghi caldi e umidi. Motivazione per la quale è possibile riscontrarlo con facilità nelle nostre serre.

La scarsa ventilazione di una struttura può rappresentare un fattore di rischio per la sua comparsa. Parliamo di un parassita in grado di nutrirsi di differenti tipologie di piante, sia di tipo coriaceo sia erbaceo.  Per nulla “schizzinoso” in tal senso, colpisce con molta facilità la begonia, la dalia, la surfinia, ma anche il ciclamino, le tageti, la stella di natale ed i gerani. Le specie di mosca bianca più diffuse nel nostro paese sono due: la Trialeurodes vaporiorum, o aleurodide delle serre, e la Bemisia tabacii, o aleurodide del tabacco.

Esse nidificano solitamente sulla parte inferiore delle foglie, ingiallendole ed indebolendo la pianta che in caso di attacco massiccio può anche morire. Dotate di un apparato lambente succhiante, sono inoltre propagatrici di virus e batteri e grandi produttrici di melata, sulla quale si possono sviluppare con facilità fumaggini.

La facilità di riproduzione della mosca bianca (possono nascere diverse generazioni in un anno, N.d.R.), unita ai suoi disastrosi effetti, la rendono uno dei parassiti più pericolosi per qualsiasi pianta da giardino o da orto.

Come difendersi dalla mosca bianca

Difendersi dagli aleurodidi non è un lavoro facile.  La frequenza di riproduzione rende quasi vano, insieme alla loro forte resistenza, una comune terapia antiparassitaria. Le uova deposte dalle femmine, tra l’altro, sono ricoperte da una patina “cerosa” che difende i nascituri dall’attacco di sostanze chimiche.  Gli adulti della specie possono essere catturati grazie all’ausilio di trappole cromotropiche (carta moschicida, N.d.R.) che dovranno essere posizionate a 20 cm dalla pianta o da trattamenti ravvicinati (almeno uno a settimana per un mese) con piretro, acefale, dimetoato+endosulfan, o con imidacloprid, ripetendo il trattamento una volta al mese.

Si può provare anche un approccio biologico in ambienti protetti, immettendo nel sistema gli imenotteri calcidoidei Encarsia formosa e Encarsia tricolor, o affidandosi alle “cure” del batterio Beauveria bassiana e di Verticillium lecanii secondo istruzioni ben precise fornite con gli stessi in base alla coltura.

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