L’elicriso, bello anche secco

elicriso

II suo nome scientifico deriva da due parole greche e significa letteralmente «giallo come il sole». Sin dai tempi più antichi queste coloratissime piante sono state assai apprezzate come specie medicinali, per la cura di varie affezioni quali quelle dei bronchi, della pelle e dei reni. Alcuni elicrisi vengono anche usati come componenti di ricette gastronomiche di tipo esotico, dato che in Asia orientale e in Africa gli indigeni si cibano abitualmente dei germogli di queste pianticelle. Comunemente gli elicrisi vengono chiamati «perpetuini», «semprevivi» o «zolfini».

Passiflora, il fiore della passione

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Correva l’anno 1600 (decennio più decennio meno) ed i Gesuiti decisero di chiamare Passiflora un fiore del tutto particolare, che ricordava nella forma i simboli della passione di Cristo. In lui i missionari vedevano raffigurata la corona di spine (la raggiera centrale), i chiodi (i tre stili), la spugna imbevuta di fiele (gli stami) e la frusta con cui veniva percosso (i viticci). Di qui appunto il nome “fiore della passione” (da passio e flos), mantenuto poi da Linneo nella classificazione di metà settecento.

Si tratta di un fiore appartenente alla famiglia delle Passifloracee, che comprende più di 400 specie sempreverdi sia erbacee che arbustive. Proviene dall’America centro-meridionale (in particolare da Brasile e Messico) e predilige il clima temperato, al punto che in molte regioni d’Italia è difficile coltivarla per via degli inverni rigidi.

Nel nostro Paese generalmente si coltiva la Passiflora Cerulea, una delle poche specie capaci di resistere alle gelate dei mesi più freddi. Questa particolare varietà è caratterizzata da un splendida fioritura, che si manifesta da giugno a settembre, con fiori di color bianco-verdastro che possono raggiungere i 12 centimetri di diametro. Spettacolare è poi l’arcobaleno della corona, con filamenti di colori diversi (blu all’apice, bianco al centro e bruno alla base).

La Digitale, il ditale della Madonna

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L’origine del nome di queste piante è molto semplice e si riferisce alla forma del loro fiore del tutto simile a un digitus, ossia a un ditale. Nota sin dall’antichità, tanto da essere citata dal poeta Ovidio nelle « Metamorfosi », la digitale è nota per le sue proprietà medicinali, valide soprattutto nelle malattie di cuore, ma non bisogna dimenticare che questa pianta è inclusa fra le specie velenose e quindi deve esser usata solo su prescrizione medica.

Comunemente, essa è nota anche come « ditale della Madonna » o « cornucopia ».

Inutile dire che le stupende infiorescenze della digitale ne fanno una delle piante più apprezzate per la decorazione del giardino e del balcone, purché in vasi abbastanza profondi.

In genere, le digitali stanno bene in gruppo, al centro del tappeto verde, ma si dimostrano altrettanto decorative se disposte in bordure o raggruppate a semicerchio alle spalle di una antica statua. I fiori recisi durano a lungo, ma bisogna avere l’accorteza di raccogliere gli steli quando non tutte le corolle sono ancora aperte, ma già si sono schiusi i primi fiori in basso.

Tecniche di propagazione: la Talea

talea

Nei blog dedicati alla nobile arte del giardinaggio capita spesso di imbattersi nel termine “talea”, ma siamo sicuri di conoscerne il significato preciso? Per aiutarvi nella comprensione, vi proponiamo una breve guida, nella speranza che possa esservi utile ad “allenare” il vostro pollice verde.

Con il termine talea si indica un frammento della pianta, opportunamente tagliato e posto nel terreno o in acqua, che riesce a a rigenerarsi ed a moltiplicarsi, dando vita ad una sorta di clone della pianta stessa.

Generalmente per una buona riuscita dell’operazione si preferisce affidarsi alle talee di ramo, ma per alcune piante è possibile utilizzare anche altre parti della pianta, come ad esempio la radice o la foglia, capaci anch’esse di formare degli apparati radicali tali da generare una nuova vita.

La dafne per decorare il vostro giardino

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II nome di queste piante è stato preso in prestito nientemeno che dal lauro; infatti, i Greci chiamavano « Daphne » quello che noi oggi conosciamo come alloro o lauro, e data la somiglianza del fogliame dei due generi, l’antica denominazione greca è rimasta, appunto, alla dafne.

Un tempo, da queste piante si ricavava una polvere starnutatoria, le bacche servivano a preparare un energico emetico e con il fogliame ridotto in cataplasma si curavano un sacco di malanni. Ora, ci si è accorti che tutta la pianta della dafne, corteccia compresa, è piuttosto velenosa e allora il suo uso si limita al puro ambito ornamentale.

Come abbiamo detto, l’impiego delle dafne si limita alla decorazione del giardino, sia come elemento singolo, sia in gruppo o addirittura per creare brevi tratti di siepi. È possibile utilizzare le varietà nane anche sulle roccaglie oppure coltivarle in grandi vasi, dove vegetano e fioriscono benissimo purché abbiano a disposizione terreno calcareo e piuttosto sabbioso e la loro posizione sia ben riparata dal sole e dal vento. Le dafne, infatti, non sopportano il clima troppo rigido o soggetto a sbalzi  improvvisi.

Se esistono piante difficili queste sono proprio le dafne che inspiegabilmente vegetano in modo splendido in una posizione e non attecchiscono per niente a pochi metri di distanza.

Gelsomino, varietà e cure

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Quello che chiamiamo comunemente Gelsomino altro non è che una varietà del Jasminum, genere appartenente alla famiglia delle Oleacee, proveniente dalle zone temperate del Pianeta. Si tratta di una pianta arbustiva o rampicante, coltivata per lo più a scopo ornamentale, anche se bisogna riconoscergli delle proprietà officinali (specie nell’industria dei profumi) e omeopatica (contro influenza, mal di testa e raffeddore).

Avere cura di una pianta di Gelsomino è operazione piuttosto semplice, purché si rispettino le esigenze di luce (abbondante, ma proteggendo la pianta dai raggi diretti del sole), acqua (poca in inverno, specie per le piante coltivate in serra) e temperatura (attenzione alle gelate della stagione rigida).

Queste sono le norme generali da seguire per una buona coltivazione,  ma è chiaro che ogni specie di Jasminum abbia delle richieste particolari da presentare alla mano del giardiniere. E allora andiamo a conoscere più da vicino le varietà più diffuse di questa splendida pianta, che appaga la vista e l’olfatto con i suoi profumatissimi fiori bianchi o gialli.

Il crespino, ottimo arbusto decorativo

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II nome di queste piante deriva da un vocabolo arabo,  harbaris,  con cui si indicavano i frutti di queste piante,  assai apprezzate come essenza medicinale anche dai seguaci della Scuola salernitana.  Ancora oggi,  del resto,  la medicina popolare attribuisce al crespino notevoli qualità terapeutiche, valide soprattutto nella cura della malaria.

I botanici ritengono che il crespino possegga un rudimentale sistetna nervoso,  viste le strane reazioni di queste piante poste a contatto di particolari sostanze tossiche.

Con il crespino si realizzano belle siepi, anche difensive vista la presenza delle lunghe e acute spine che caratterizzano molte specie del genere; altrettanto interessante l’impiego del crespino come gruppi o in esemplari isolati, oppure per ricoprire scarpate anche molto ripide. È possibile anche la coltura in grandi vasi per la decorazione dei balconi.

Le piante del mese di Ottobre

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Una delle specie con il maggior risalto di colori durante il mese di Ottobre è senz’altro l‘Astro perenne, più noto come «ottobrino» e come «settembrino», dai piccoli e numerosissimi fiori azzurri, lilla o porpora.

Fioriscono anche le gialle Stenbergie, simili a grossi Crochi e che sulle roccaglie e nel sottobosco si confondono, appunto, con i Crochi autunnali gialli o colore del glicine. In attesa che si schiudano le gonfie corolle dei Crisantemi a grande fiore, purtroppo considerati in Italia il simbolo della mestizia, mentre in gran parte del mondo sono ritenuti di buon augurio, possiamo godere l’intensa macchia di colore dei «coreani», i crisantemi a piccolo fiore, dalle mille sfumature.

Sono ancora in fiore le ultime Canne Indiche e molte varietà di Dalia, mentre sui rosai i boccioli vanno assumendo di giorno in giorno   una forma sempre  più  allungata e turbinata a causa della lentezza con cui le corolle giungono a schiudersi.

Sugli alberi e sugli arbusti, come i clerodendri e i cotognastri, i piracanta e la callicarpa, le bacche vanno prendendo colore, quasi a volerci ripagare delle fioriture che stanno per finire e del grigiore che presto si stenderà sul nostro piccolo mondo verde.

Strelitzia, uccello del Paradiso

Strelitzia

La Strelitzia è uno dei fiori più eleganti offerti dalla natura, sia per la forma assolutamente regale che per la colorazione del tutto particolare. Appartiene alla famiglia della Musacee e comprende cinque specie di arbusti e alberi a palma, che si differenziano per grandezza e tonalità di colore. Venne chiamata Strelitzia a metà del 1700 per rendere omaggio a  Sophia Carlotta di Mecklenburg-Strelitz – grande appassionata di botanica – divenuta regina di Gran Bretagna e Irlanda dopo aver sposato Giorgio III.

La specie più conosciuta è senza dubbio la Strelitzia Reginae (o Uccello del Paradiso), originaria dell’Africa meridionale e caratterizzata da foglie ellittiche dal colore verde brillante e sfumature bluastre, che possono raggiungere i 30-40 centimetri di lunghezza. Uno spettacolo tutto da gustare, insomma, che diventa ancor più piacevole nel periodo della fioritura, quando sbocceranno fiori formati da sepali giallo-arancio divisi da petali blu.

Ci sono poi specie meno conosciute, ma ugualmente eleganti, come la Strelitzia Alba (con fiori bianchi e brattea color porpora) e la Strelitzia Nicolai (con fiore azzurro, lilla o bianco e brattee color rosso scuro).

Glicine, il fiore dell’amicizia

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Raffinato ed elegante, delicato nella colorazione e profumatissimo, il Glicine è quanto di meglio si possa trovare in circolazione per arredare muri e ringhiere, pergolati e recinzioni. Il nome scientifico è Wisteria (o Wistaria) – appartenente alla famiglia delle Fabacee – ed ha origini radicate nell’antico oriente, dove simboleggiava l’amicizia e la disponibilità.

E’ una pianta rampicante che regala il massimo dello splendore in primavera, quando si adorna di fiori riuniti in grappoli pendenti dal profumo molto intenso. A fioritura conclusa, invece, lo spettacolo si trasformerà in un verde brillante, fitto e compatto, ideale per la copertura e piacevole alla vista.

Il Glicine predilige l’esposizione in pieno sole su terreno argilloso e rende al massimo della bellezza se curato con innaffiature moderate e potature annuali. La varietà più nota è la Wisteria sinensis (il Glicine comune, appunto), che può raggiungere i 20 metri di altezza e donare una cascata di fiori viola-lilla. Ma per la gioia dei nostri occhi sono stati creati diversi ibridi dalle sfumature rosa, bianche, blu e persino rosse. Dopo il salto troverete alcuni esempi con tanto di gallery delle varietà più curiose.

Sentieri e vialetti, è tempo di pulirli

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L’argomento, a un primo esame, potrebbe sembrare leggermente ovvio, mentre in realtà è abbastanza importante, soprattutto per quanti si preoccupano di ogni particolare, ben sapendo che la bellezza di un giardino e la sua conservazione dipendono anche da molti aspetti che non si avvertono a occhio nudo, ma infine si « sentono », si avvertono, in un senso di equilibrio, in una ricerca estetica che tende a ottenere il meglio da ogni elemento per raggiungere la massima armonia dell’insieme.

Anche i sentieri, dunque, e la loro manutenzione, hanno importanza nel contesto generale, anche perché non bisogna dimenticare che soprattutto i vialetti che portano dal cancello all’ingresso dell’abitazione svolgono una vera e propria funzione di biglietto da visita, una specie di « presentazione » di tutto il complesso fatto di verde e di fiori.

Per questo anche vialetti e sentieri hanno bisogno di cure e di una accurata, costante manutenzione, che ha lo scopo soprattutto di eliminare le erbe infestanti nate fra le lastre di pietra o affioranti dalla ghiaia che ricopre i passaggi.

Erbacee perenni, le cure

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Verso la fine del mese di Ottobe, è opportuno provve­dere alla parziale sostituzione del terriccio delle specie di natura erbacea perenne (boc­che di leone, belle di notte, campanule ecc.) che abbiano terminato di fiorire e già si av­viino al meritato riposo invernale. Questa sostituzione ha lo scopo di consenti­re all’apparato radicaledelle erbacee perenni di accumulare sostanze nutritive du­rante la pausa vegetativa della cattiva sta­gione e poter così riprendere a crescere e fiorire normalmente.

La sostituzione della terra ha anche lo scopo di eliminare il substrato troppo compatto e reso poco permeabile dall’azione combinata delle ripetute annaffiature e dell’intensa ca­lura estiva: questi due eventi, infatti, provo­cano l’asportazione della parte più ricca di humus, lasciando le scorie e le sostanze si-liceo-argillose o calcaree che formano la struttura del terreno e che da sole non so­no sufficienti ad assicurare al suolo le indi­spensabili doti di permeabilità, morbidez­za, elasticità e porosità.

Altro intervento importante da eseguire sul­le erbacee perenni, dette anche vivaci per la loro prerogativa di rinascere puntualmen­te ad ogni primavera, dopo aver perduto la parte aerea durante l’inverno, riguarda la suddivisione.

Usare la cenere come fertilizzante

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Fin dall’antichità i residui della combustione del legno sono usati come fertilizzanti, a dimostrazione di come in natura sia difficile buttar via qualcosa, trovando sempre il modo di riciclare gli elementi. La cenere quindi assume un grande valore nell’economia della coltivazione e diventa pressoché indispensabile per alcune colture.

Significa forse che da oggi in poi possiamo evitare di acquistare qualunque tipo di concime ed usare solo ed esclusivamente la polvere del caminetto? Ovviamente no, altrimenti i venditori di fertilizzanti non avrebbero di che vivere. Bisogna fare dei distinguo in proposito e ricordare che molte sostanze del legno vengono bruciate nel processo di combustione, perdendo in efficacia.

Il potassio ed il fosforo, però, rimangono in grande quantità anche quando il legno è completamente bruciato, così come alcune piccole (o grandi, dipende dal tipo di legno) dosi di rame, zinco, manganese e fluoro. Questi elementi sono utilissimi alle nostre piante e possono rappresentare un’ottima alternativa al fertilizzante che troviamo nei negozi, facendoci risparmiare tempo e denaro.