Pandano, albero a vite

pandano

L’origine del nome di queste piante è assai antica e si riferisce direttamente al termine malese pandang che gli indigeni del grande arcipelago asiatico usano per indicare, ap­punto, le grandi distese di pandani, alti an­che 10-15 metri che affiorano dalle paludi o lungo i bordi delle lagune sorretti da alte ra­dici che sembrano vere e proprie zampe. Gli inglesi chiamano i pandani «albero a vite» o «pino a vite» per indicare la strana inser­zione a spirale delle foglie sul tronco. In In­dia, i germogli del «cavolo-palmizio» o Pandanus odoratissimus o P. utilis, costitui­scono una vera e propria leccornia e una provvida risorsa alimentare.

Dato che il pandano non emette corolle di particolare bellezza, la simbologia floreale lo ignora del tutto; viceversa è bene ricordare che nelle Filippine e in Malesia esso è con­siderato sacro, tanto è vero che fra le alte zampe delle sue radici non è raro vedere i resti di antiche pagode o di templi votivi.

L’utilizzazione del pandano è quella comu­ne a tutte le piante d’appartamento, senza dimenticare che i pandani, purché in clima favorevole, possono costituire un ottimo ele­mento decorativo anche per il giardino, so­prattutto se questo ha una impostazione di stile mediterraneo o addirittura esotico, con molte piante grasse, rocce e stagni con spe­cie acquatiche, papiri, fior di loto e così via. Per ovviare al colore polveroso che spesso assumono, si deve ricorrere a frequenti spruz­zature con un buon lucidante fogliare.

Fresia, il segreto del migliore profumo francese

fresia

La fresia è sicuramente una delle piante più apprezzate per la bellezza dei fiori e il loro soave profumo, ancor più preziose per la possibilità di far schiudere queste delicate corolle in pieno inverno, grazie a un sem­plice sistema di forzatura attuabile solo in serra.

Ma passiamo al nome scientìfico della fre­sia, nome che ricorda il naturalista tedesco F.H. Theodor Freese vissuto nell’ ‘800 e che si dedicò in modo specifico allo studio del­la flora spontanea del continente africano. Nei paesi di origine le corolle della fresia vengono impiegate per intrecciare collane e ghirlande che vengono indossate durante le cerimonie rituali.

Alla fresia vengono anche attribuiti poteri magici e particolari influssi sull’animo fem­minile, per cui non è raro che gli stregoni ordinino pozioni o unguenti in cui il pro­fumo delle fresie assume un ruolo predomi­nante.

A proposito di profumo, è opportuno ricor­dare che dai fiori di cui stiamo parlando, si estrae una preziosa essenza che entra come base nella formula delle più note e costose essenze francesi.

Fiori di cera, come si coltivano e le specie più belle

fiore di cera

Le Hoya (fiore di cera),  sono abbastanza facili da col­tivare ma desiderano intenso calore, luce chiara e diffusa e un giusto grado di umi­dità. In estate è opportuno annaffiare ab­bondantemente per evitare che il terreno si prosciughi troppo; se questo avvenisse le carnose foglie di queste piante reagirebbe­ro immediatamente perdendo freschezza e accartocciandosi.

Sia in serra che all’aperto, è indispensabile corredare il «fiore di cera» di opportuni supporti, meglio se in legno, su cui la pian­ta può arrampicarsi.

Ogni autunno è bene concimare con ferti­lizzante organico in polvere e da aprile a settembre somministrare una volta ogni 15 giorni un prodotto a base di alghe, oppure un concime minerale completo, diluendoli nell’acqua delle annaffiature. È importante tener presente che i peduncoli che reggono i singoli fiorellini delle om­brelle fiorali, non debbono essere tagliati quando le corolle appassiscono; infatti è pro­prio da questi peduncoli che, l’anno succes­sivo, nasceranno i nuovi fiori.

Fiore di cera

Hoya_carnosa

Fu nel 1809 che il botanico inglese Robert Brown, volendo ricordare il famoso giardi­niere del duca di Northumberland al ca­stello di Sion, un certo Thomas Hoy, pensò di chiamare Hoya un genere di piante pro­venienti dalla Cina e dalle isole del Pacifico, assai apprezzate per i fiori profumatissimi e di delicato colore.

Un’altra particolarità delle corolle delle Hoya è quella di sembrare modellate nella cera, tanto da aver meritato il nome volgare di «fiori di cera». Questa denominazione è riservata soprattutto alla Hoya carnosa, una specie portata in Europa nel 1802 ed attual­mente assai diffusa in tutte le serre della Costa Azzurra e della nostra Riviera.

Nel Borneo e alle Molucche, presso le tribù indigene, è tuttora in atto una gentile suetudine: nel giorno in cui le fanciulle diventano donne ed ottengono il diritto a partecipare a determinate cerimonie e di indossare particolari costumi, vengono in­coronate con ghirlande di rami di Hoya in­trecciati a mazzolini di fiori. Questa «con­sacrazione» celebra l’ingresso delle giovani donne nel gruppo delle «anziane» della tribù.

Vischio, il portafortuna del Natale

vischio

Dicembre avanza a grandi passi ed il Natale si fa sempre più prossimo, tra le corse al regalo più adatto ed i preparativi per le mega abbuffate. Ma in tutto questo daffare non bisogna assolutamente dimenticare di procurarsi qualche rametto delle tipiche piante di natale, che oltre a creare la giusta atmosfera all’interno della nostra casa, hanno anche poteri “magici” legati ad antiche tradizioni.

Dell’Agrifoglio e del Pungitopo abbiamo già trattato in capitoli precedenti, ma nel nostro PolliceGreen non poteva certo mancare una pagina dedicata al Vischio, considerato una pianta portafortuna in diverse tradizioni.

Si tratta di un arbusto semiparassita di ridotte dimensioni (30-50 centimetri), che cresce e prolifica sfruttando l’acqua ed i sali minerali di grandi alberi, come il tiglio, il pioppo, la quercia e l’olmo. E’ possibile ammirare il Vischio in tutta la sua bellezza soprattutto nel periodo invernale, quando le piante che lo ospitano si spogliano, lasciando intravedere una cascata di foglie verdi ed un’esplosione di bacche ora bianche ora giallastre.

Dicembre, in tutta la penisola, non dimenticate di:

inverno

Qualunque sia la zona in cui si abita, qua­lunque sia il clima della regione in cui si vive, ci sono lavori e precauzioni che non possono essere tralasciati o rimandati.

Ri­cordate quindi di:

controllare i rampicanti, sia per quanto ri­guarda la stabilità dei sostegni, sia per quan­to si riferisce allo stato dei legacci che assi­curano i rami ai supporti. Questo soprattut­to nelle zone in cui, durante l’inverno, nevi­chi e/o tiri vento. La neve fa aumentare in modo considerevole il peso dei tralci e quin­di è opportuno che la pianta sia fissata in modo ben saldo, tanto da resistere al grava­me del manto nevoso;

per legare o rinforzare i rampicanti esistono diversi sistemi, ma quello sempre raccoman­dabile consiste nell’uso della rafia, proceden­do in questo modo:

come prima operazione si lega il pezzo di rafia al supporto, facendo in modo che ri­mangano liberi ai lati della legatura due pezzi di legaccio di eguale misura. Quindi, si prende il ramo, lo si avvolge con i due capi girati in senso contrario e poi si fa un nodo, lasciando un certo agio tra il ramo e il supporto (traliccio, pergolato o inferriata che sia). Questo agio farà sì che il ramo, pur ingrossando con il passare del tempo, non debba essere «strozzato» dal legaccio. Una legatura eccessivamente stretta potrebbe ral­lentare o impedire il normale passaggio del­la linfa e pregiudicare la formazione della corteccia che, nel punto della strozzatura, finirebbe per presentare un tessuto cicatri­ziale, una specie di solco entro cui il ramo manterrebbe per sempre le dimensioni ini­ziali, senza più svilupparsi.

Il tutto determinerebbe un sensibile rallen­tamento nella crescita della vegetazione po­sta al di là della strozzatura stessa.

Muschio, non solo per il presepe

muschio

In prossimità del Natale e dell’allestimento del presepe, non potevamo certo farci mancare un capitolo interamente dedicato al Muschio, ricercatissimo in questo periodo dell’anno proprio per la capacità di “riempire” l’opera d’arte natalizia per eccellenza.

Leggendo queste poche righe, tuttavia, vi renderete conto che il Muschio non è adatto solo come base per un bel presepe, ma può trovare svariati utilizzi sia in giardino che in vaso, se coltivato con le dovute attenzioni.

Cominciamo col dire che è una pianta appartenente alla famiglia delle Briofite, che cresce e prolifica in luoghi umidi, quali il sottobosco, le rocce, i muri esposti per lo più a nord. In realtà, alcune varietà di Muschio si possono trovare anche in luoghi estremamente soleggiati, purché l’ambiente sia ricco di acqua.

Alberi monumentali: il Castagno dei Cento Cavalli

castagno dei cento cavalli

Comincia oggi il nostro viaggio alla scoperta degli alberi monumentali più belli d’Italia, nella speranza che l’argomento stuzzichi la curiosità del lettore e lo porti ad ammirare da vicino gli esemplari descritti.

Prima di tutto occorre sfatare il luogo comune che vuole l’albero monumentale di eccezionali dimensioni, visto che ci sono anche altre caratteristiche che possono conferire alla pianta tale “titolo”, come ad esempio la longevità, la rarità o la rilevanza storica.

In Italia sono presenti circa 22mila alberi che rispondono ad almeno una di queste caratteristiche, 2mila dei quali di grande interesse, fino a scendere ai 150 esemplari con valore storico e monumentale. Il più famoso è senza dubbio il Castagno dei Cento Cavalli, attrazione principale del Parco del’Etna, nel Comune di Sant’Alfio.

Aro, curiosità ed utilizzo

aro

II nome scientifico di queste simpatiche pian­te deriva da una singolarissima proprietà de­gli Arum, ossia quella di emettere calore durante la fioritura. Infatti, Arum deriva dal greco aron che significa «caldo», «calore».

Le bacche dell’aro, invece, vengono chia­mate con una definizione abbastanza sini­stra, quella di: «bacche della vipera», op­pure «cibo della vipera» e anche «bac­che veleno». La ragione di questi attributi è ignota e non trova alcun riscontro scientifi­co, tuttavia è bastata per gratificare i frutti dell’aro di una nomea poco rassicurante, tanto che in molte località si provvide a di­struggere sistematicamente queste specie ri­tenute quanto mai malefiche e per questo utilizzate in gran copia dalle fattucchiere per la preparazione di filtri mortali.

Piante “inventate” (seconda parte)

rapa bianca

Prima di darvi un’ultima dritta sulle piante inventate, tanto carine quanto poco costose, voglio aggiungere ancora una cosa in merito alla cura della Patata americana di cui abbiamo parlato nel post di ieri  “Piante inventate (prima parte) “

Con il passare dei giorni, sia perché la patata assorbe molta acqua, sia per la naturale evaporazione, è necessario continuare ad aggiungere acqua, affinchè il suo livello rimanga costante. Un bel giorno, dalla parte inferiore del tubero cominceranno a spuntare le radici, mentre la parte superiore della patata americana lascerà apparire le gemme che, in breve, si trasformeranno in rami e foglie.
La bella pianta ricadente durerà per vari mesi, sicuramente per tutto l’inverno, purché si abbia cura di sistemarla in buona luce, lontano da fonti di calore, evitando nel modo più assoluto di rinnovare completamente la acqua, ma limitandosi ad aggiungere di volta in volta  la quantità mancante.

Nepeta Cataria, la pianta amica dei gatti

nepeta cataria

Per chi possiede degli animali domestici, in special modo un gatto, non sempre è facile avere un bel giardino curato, a causa dell’eccessiva esuberanza del nostro amico a quattro zampe, che spesso si traduce in vera e propria devastazione del nostro angolo verde.

Come conciliare quindi il desiderio di avere un bel giardino fiorito con la voglia di possedere un amico felino? Semplice, basta piantare una Nepeta Cataria, una pianta estremamente amata dai gatti per alcuni effetti particolari che influiscono sulla loro psiche.

Si tratta di una pianta erbacea che cresce generalmente in terreni incolti, pur sopportando magnificamente la coltivazione domestica. Ha foglie ovali, opposte e dentate, di colore verde sulla pagina superiore e bianco in quella inferiore per via della peluria che le ricopre su tutta la superficie. I fiori sono bianchi o azzurri, riuniti in spighe terminali. Ma veniamo all’argomento che maggiormente ci interessa: perché è tanto amata dai nostri amici gatti?

Il giardino Zen

giardino zen

Secondo la dottrina buddista, il giardino Zen è un luogo che simboleggia gli elementi naturali e facilita la meditazione comunicando calma e serenità. Non si tratta quindi di un semplice ornamento e la sua creazione e la  “manutenzione” presuppongono una adeguata conoscenza della filosofia orientale. Ciò premesso, il più semplice e noto dei giardini zen è il karesansui, detto anche giardino giapponese in stile paesaggio secco, composto da due soli elementi: la sabbia, che simboleggia l’oceano e le pietre  che rappresentano la terra, la vegetazione e gli animali marini sacri.

Nato in Giappone molti secoli fa, il giardino zen è sempre stato associato alla spiritualità buddista, tuttavia fu solo nel VI secolo d. C. che cominciò ad evolversi e ad assumere la valenza con la quale lo conosciamo oggi, quando cioè cominciò ad avere dimensioni maggiori, in modo che fosse possibile accedere al suo interno oltre che passeggiarvi intorno durante la meditazione, e i sacerdoti Zen cominciarono ad assegnargli la funzione di guidare verso una comprensione più profonda della dottrina.

L’importanza delle etichette nella semina

etichette per piante

Qualunque sia il metodo impiegato, il tipo di contenitore e la stagione, è indispensabile affiancare la semina con un’etichetta sulla quale risulterà la data, il nome del genere, della specie e della varietà. In commercio si trovano etichette di diversa forma e grandezza, da legare ad un ramo o atte ad essere conficcate in terra.

Le più adatte per il giardino sono quelle ritagliate da fogli semi rigidi, in modo da risultare consistenti ma anche flessibili; i vivaisti, invece, usano etichette più leggere e strette, fessurate in modo da poter essere fissate a un ramo formando quasi un nodo scorsoio. Se si utilizzano etichette di plastica flessibile o rigida, le note potranno essere scritte a matita nel lato non lucido della plastica. Per garantire l’aderenza, la stessa cautela dovrà essere osservata se la scritta viene impressa su nastro autoadesivo.