Fiori invernali, la viola del pensiero

viole del pensiero

Le viole del pensiero (Viola hybrida) sono ibridi ottenuti da specie originarie di Europa e Turchia (V. lutea, V. tricolor, V. odorata, V. cornuta, V. x wittrockiana), caratterizzati da fiori inodori a cinque petali molto grandi e di colori vistosi, che vanno dal bianco al nero puro con centro scuro o giallo, e dotati di foglie verde scuro non molto decorative;  la loro fioritura avviene in autunno e inverno e all’inizio della primavera per questo motivo sono molto amate da chi desidera avere un giardino sempre fiorito.

Quanto alle cure colturali, le viole del pensiero non hanno particolari esigenze in fatto di terreno; questo va arricchito con torba, sabbia e terriccio universale solo nel caso fosse troppo pesante e calcareo. L’esposizione varia in base al periodo in cui sono state messe a dimora: le viole del pensiero interrate in autunno hanno bisogno di una posizione in  pieno sole, quelle poste a dimora in primavera in penombra. Poichè non temono il freddo, è quindi possibile porle a dimora anche in questo periodo per vederle fiorire già in primavera.

Peperomia, simile al pepe

peperomia

Il nome scientifico di queste graziose piante da appartamento si riferisce alla famiglia cui esse appartengono, ossia le «piperacee», che comprende anche il pepe. Infatti, la pa­rola peperomia che deriva dal greco, signi­fica letteralmente «simile al pepe», anche se le piante di cui stiamo parlando non assomi­gliano davvero alla specie rampicante che produce i piccanti frutti che giungono a noi dalle zone equatoriali e che una volta essic­cati e macinati servono a dare un sapore pic­cante ai cibi.

In varie zone del Pacifico le diverse specie di peoeromia vengono utilizzate a scopo cu­rativo per guarire affezioni della pelle, ma­lattie degli occhi e scottature.

Le peperomie trovano impiego nelle nostre case come piante decorative e rappresenta­no uno degli elementi base per la prepara­zione di «terrarium», per l’ornamento di davanzali interni o per completare ciotole o fioriere anche in accostamento con altre specie dal fogliame colorato o variegato. Data la loro statura, le peperomie si presta­no soprattutto per ornare il contorno dei vari recipienti, mentre le piante di maggior statura debbono essere collocate al centro dove acquistano maggior risalto e dove pos­sono vegetare con maggior libertà, senza costrizione alcuna.

Il Pero del Signore

Il Pero del Signore, probabilmente è l’origine del nome del più conosciuto Bergamotto. Otre ad essere probabilmente effetto di una  mutazione con un’altra specie, si ipotizza che possa provenire dalla Cina, dall Spagna o dalle Canarie, ma anche nella nostra calabria ha trovato un ottimo terreno per fruttuficare. Tornando all’etimologia, Berg-armudi, significa “pero del Signore” in lingua turco.

Piante aromatiche: l’angelica

angelica

L’angelica (Angelica Archangelica) appartiene alla famiglia delle Ombrellifere ed è una pianta molto profumata in ogni sua parte: dalle radici alle foglie, passando per i frutti; non per niente viene ampiamente impiegata in cucina per aromatizzare i cibi e in erboristeria per la salute e la bellezza. Le radici e i frutti vengono usati per fare i liquori, le foglie servono per aromatizzare zuppe e salse, i fusti e i piccioli delle foglie sono adatti ad esser canditi per i dolci, e le foglie in infusione possiedono proprietà stimolanti, tonificanti e aiutano a espellere i gas intestinali.

L’angelica può raggiungere anche i 2 metri d’altezza, possiede il fusto eretto, le foglie pennate e i fiori piccoli, di colore bianco e verdastro riuniti in ombrelle, che danno origine a semi di forma allungata. L’angelica deve essere seminata a marzo o a settembre in una posizione soleggiata e in un terreno ricco di sostanza organica; è opportuno stimolare la produzione delle foglie togliendo le infiorescenze via via che si formano, in modo da far vivere la pianta anche per alcuni anni, altrimenti si comporterà da biennale, cioè il primo anno si svilupperà, mentre il secondo, dopo essere fiorita, morirà.

Per quanto riguarda la raccolta e la conservazione, le radici vanno selezionate all’inizio dell’autunno, i frutti si raccolgono in autunno, i fusti tra maggio e giugno, come anche le foglie da essiccare che vanno raccolte quando sono di colore verde chiaro.

Gloriosa superba, un destino nel nome

gloriosa superba

Gli appassionati di giardinaggio conosceranno questa pianta con il nome di Giglio rampicante per via della somiglianza con il genere capostipite della famiglia delle Liliacee, ma non tutti forse sanno che la denominazione scientifica di questa meravigliosa erbacea è Gloriosa superba.

E’ caratterizzata da un fusto eretto molto sottile, dal quale partono le foglie lunghe e lanceolate, dal colore verde chiaro. I fiori invece possono assumere colorazioni diverse a seconda della specie, variando dall’arancio, al rosso, al cremisi. La particolarità dei fiori è dovuta al fatto che i petali si arricciano o si arrotolano via via verso l’esterno, dando vita ad uno spettacolo dalla bellezza unica.

La Gloriosa superba viene coltivata per lo più all’interno delle pareti domestiche, ma in presenza di clima mite può anche sopportare la messa a dimora, purché se ne rispettino le esigenze. Come regolarsi dunque per ottenere una pianta al massimo della sua bellezza?

Averrhoa carambola: l’albero con il frutto a stella

Carambola

La Averrhoa carambola è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Oxalidaceae, originario dell’India e dello Sri Lanka, coltivato anche in Brasile, nel Ghana e, in Italia, in Sicilia; il frutto di questo albero è la carambola, conosciuta anche come star fruit o frutto a stella, caratterizzata dalla sezione a stella a cinque punte e dal brillante colore giallo arancio. Queste sue caratteristiche, insieme al profumo intenso, fa sì che venga utilizzato più a scopo decorativo che alimentare, come guarnizione di cocktail o di dolci.

Il sapore della carambola è molto gradevole, pur essendo un po’ aspro, e può essere descritto come un mix di ananas, prugna e limone. Sono molto delicati i liquori distillati dal succo di carambola, mentre dalla polpa si ricavano i canditi. La carambola contiene vitamina C e potassio ed è utilizza per combattere alcuni disturbi come il la nausea, l’insonnia e la cefalea. Per mangiare la carambola è necessario lavarla accuratamente e tagliarla a fettine senza sbucciarla; può essere consumata al naturale o in macedonia.

Bouganville, fiori che non attirano insetti

boucanville

II nome scientifico di queste stupende piante ricorda un esploratore e botanico francese vissuto nel Settecento, Louis de Bougainville, che recatosi nelle zone equatoriali del Brasile rimase talmente affascinato dall’apparizione di un albero letteralmente fasciato da una coltre cremisi di «fiori», da decidere di portare senz’altro in Europa qualche esem­plare della strana pianta. In seguito, il nuovo rampicante prese il no­me del suo scopritore e i naturalisti accer­tarono che quelli che erano stati ritenuti i fiori della Bougainvillea altro non erano che foglie modificate, ossia brattee. La ragione che ha determinato questa tra­sformazione sta nel fatto che i veri fiori della buganvillea sono del tutto insignificanti e quindi insufficienti ad attirare gli insetti che debbono provvedere alla fecondazione delle corolle e assicurare la continuità della spe­cie.

L’utilizzazione è quella delle piante rampi­canti o sarmentose, ossia caratterizzate da rami lunghi e flessuosi, adatti ad ornare per­golati e ringhiere, muri e cancellate, colonne o vecchi tronchi. La buganvillea può essere coltivata in vaso e quindi servire anche alla decorazione dei balconi o dei cortili.

Eranthis, Aconito d’inverno

Eranthis

Il genere Eranthis (Ranunculaceae), noto anche con il nome comune di aconito d’inverno, conta una decina di specie di piante bulbose originarie di Asia ed Europa; di facile coltivazione, le piante di questo genere si prestano sia alla creazione di tappeti fioriti su giardini rocciosi che a quella di macchie di colore in grandi aiuole. L’aconito d’inverno presenta foglie leggermente cuoiose e lucide, di colore verde scuro e già a fine inverno, a partire da gennaio-febbraio, produce fiori tondeggianti, di colore giallo oro, che si aprono nelle giornate di sole.

Quanto alle cure colturali, gli eranthis prediligono le esposizioni soleggiate o semiombreggiate, mentre va accuratamente evitata l’ombra totale a meno che le temperature non siano troppo elevate; il terreno ideale è sciolto, ben drenato, ricco di sostanza organica. Riguardo invece le innaffiature, queste possono essere benissimo evitate durante l’inverno, quando basta la pioggia a provvedere alle necessità idriche della pianta, tuttavia, può rendersi necessario bagnare con moderazione nei periodi di calura e durante l’epoca della fioritura in caso di siccità prolungata.

Mimosa pudica, sensibile al tatto

mimosa pudica

Quando parliamo di Mimosa, ci riferiamo solitamente alla pianta “delle donne” per eccellenza, quella per intenderci che viene regalata in occasione dell’8 marzo. Ma in natura esistono anche altre specie con questo nome, come ad esempio la Mimosa pudica, comunemente conosciuta come “sensitiva”.

Il perché della denominazione volgare è semplice da spiegare, se si considera che tale pianta tende a ritrarre le foglie nelle ore della notte o in caso di contatto esterno (per esempio, se viene sfiorata da una mano), dimostrandosi dunque molto “sensibile”.

Appartiene alla famiglia delle Fabacee ed è originaria dell’Oceania e dell’America del Sud, in particolare del Brasile, sebbene sia diffusa oramai in tutte le zone temperate del globo. Se coltivata in vaso, tende a raggiungere il mezzo metro di altezza, mentre in piena terra può arrivare ad innalzarsi fino a 4 metri.

Araucaria: Pino del Cile o Albero della Scimmia

araucana

II nome scientifico di queste particolari piante rivela una storia abbastanza strana, che si riferisce al viaggio compiuto dal naturalista A. Menzies, nel 1792, in Cile. Durante questa spedizione, a Menzies, vennero offerti al naturalista e alla sua equipe, dei semi come frutta secca ed il loro sapore parve tanto insolito al botanico da indurlo a voler conoscere la pianta che produceva gli insoliti frutti. Fu così che Menzies, conquistato dall’esotica forma dell’albero, decise di portarne qualche seme in Europa, ed esattamente a Kew, nei floridi giardini reali inglesi dove nacque la prima araucaria del nostro continente. Il nome del­la nuova pianta fu scelto in ricordo della pro­vincia cilena Arauco, dove Menzies aveva fatto la conoscenza della bella conifera.

Le araucarie si prestano a decorare: spazi esigui, come i piccoli giardini, dato che la crescita di queste piante è piuttosto lenta e prima che gli esemplari assumano proporzioni rispet­tabili debbono passare molti anni dall’e­poca della piantagione. Di conseguenza, vo­lendo piantare una araucaria in uno spazio molto ampio, è consigliabile scegliere esem­plari già ben sviluppati.

Tecniche di moltiplicazione: la divisione dei cespi

divisione dei cespi

La divisione dei cespi è una tecnica di moltiplicazione molto semplice che viene attuata sulle piante erbacee perenni, per dividerle quando sono diventate molto alte, e ovviamente ogni nuova pianta che si forma è uguale alla pianta madre. Con la divisione dei cespi è possibile ottenere molti nuovi esemplari e farli fiorire più abbondantemente.

La divisione dei cespi va fatta in autunno, quando la pianta è a riposo, oppure a inizio primavera, quando inizierà riprendersi e, quindi, a permettere alla nuove piantine di riprodursi con facilità; la divisione dei cespi è una tecnica che può essere eseguita sia sui grandi cespugli a terra, come ad esempio il finocchio selvatico, sia sulle piante da appartamento che tendono a raggiungere notevoli dimensioni.

Chionodoxa, ideale per i giardini rocciosi

chionodoxa

Sotto il genere Chionodoxa troviamo riunite 8-10 specie di piante bulbose appartenenti alla famiglia delle Liliaceae e originarie della Turchia; sono caratterizzate da piccoli fiori stellati, di colore blu o rosa, con centro bianco, o semplicemente bianchi, che sbocciano in gruppi all’inizio della primavera su fusti sottili, alti 10-15 cm. Ogni bulbo sviluppa due foglie nastriformi di colore verde scuro.

Quanto alle cure colturali, le chionodoxa tollerano bene qualunque condizione di luce e riescono quindi a prosperare sia in pieno sole che all’ombra; l’esposizione ideale resta però quella a mezz’ombra, meglio se in un luogo della casa o del giardino in cui riceva il sole diretto per almeno 3-4 ore al giorno.

Le innaffiature non sono necessarie durante il periodo di riposo della pianta (che va dalla dalla fine dell’estate all’inizio della primavera), mentre durante il periodo vegetativo le chionodoxa vanno annaffiate con regolarità in modo che il terreno resti sempre umido.

Beaucarnea, la pianta mangiafumo

Beaucarnea

E’ piuttosto raro trovare delle piante che riescano a sopportare senza danni il fumo o i gas nocivi, ma la natura ci ha abituati a grosse sorprese, prevedendo anche la presenza di generi adatti alla coltivazione in zone particolarmente inquinate. Stiamo parlando ad esempio della Beaucarnea, meglio conosciuta come “pianta mangiafumo”, proprio per la capacità di assorbire il fumo da sigaretta, nel caso venga coltivata in casa, ed i gas dannosi per l’ambiente, se coltivata in piena terra.

Appartiene alla famiglia delle Agavacee ed è originaria delle zone secche dell’America meridionale, in particolare del Messico, sebbene la sua diffusione sia ormai estesa all’intero pianeta. Se coltivata all’aperto può raggiungere i nove metri di altezza, ma è molto più frequente trovarla all’interno delle abitazioni, dove non supererà i due metri.

L’aspetto della Beaucarnea è molto caratteristico, con il il suo fusto legnoso, rigonfio alla base, e le foglie nastriformi che tendono a ricurvarsi verso l’interno. Le infiorescenze, invece, si mostrano con una certa difficoltà e sono rappresentate da grappoli dal colore bianco, presenti per lo più sulla parte alta della pianta.

Tecniche di moltiplicazione: “innesto a incastro, a corona e per approssimazione

innesti

Abbiamo ormai chiaro che, l’innesto è un sistema di moltiplicazione che consiste nell’unione di due parti di specie diverse allo scopo di ottenere una nuova pianta; e che,  in base alle tecniche utilizzate per eseguire questa operazione, si può dar vita a vari tipi di innesti.

Ieri abbiamo visto gli “innesti a gemma” e gli “innesti a marza“, oggi vi illustrerò gli “innesti a incastro“, gli “innesti a corona” e gli “innesti per approssimazione“.

Gli innesti a incastro, si hanno quando nel «por­tinnesto» si pratica una cavità in cui si in­serisce, o meglio si incastra, la porzione di pianta che si desidera riprodurre;

L’innesto a corona invece, si attua inserendo le por­zioni di ramo recanti le gemme, fra la cor­teccia e il legno del portinnesto; questo tipo di innesto si esegue in primavera avanzata; e può essere: