Alloro, leggende e curiosità

alloro curiosità

Secondo il mito, la pianta di alloro fece la propria comparsa sulla terra a causa di un amore non corrisposto: si narra infatti che Apollo, il dio greco del sole, amasse alla follia la bellissima Dafne; un giorno quindi, scorta la fanciulla lungo le pendici del monte Parnaso, cercò di attirarla a sè. Questa però vedendolo arrivare si diede alla fuga e fu inseguita; fu proprio nel momento in cui il dio stava per raggiungerla che Dafne invocò l’aiuto di Gea (la dea della terra) che la trasformò in un albero di alloro, pianta che da allora divenne sacra proprio ad Apollo e le cui fronde vennero usate per incoronare le teste dei poeti, degli eroi, dei vincitori. Usanza che si è mantenuta in gran parte anche ai giorni nostri.

L’alloro è un albero sempreverde che cresce anche spontaneo; appartiene alla famiglia botanica delle Lauracee e può raggiungere altezze comprese fra 2 e 8 metri. E’ dotato di foglie lanceolate, coriacee, che si possono raccogliere durante tutto l’anno, e di piccoli fiori di colore bianco o giallastro che fanno la propria comparsa tra marzo e aprile. Tra ottobre e novembre, fanno la propria comparsa sugli alberi femmina i frutti, piccole drupe di colore scuro simili a olive.

Alberi monumentali: il Faggio, le specie più belle e le malattie che lo colpiscono

faggio

Ecco le malattie che più di frequente colpi­scono i faggi:

  • mal del colletto: colpisce le piantine giovani e si manifesta nei mesi estivi con una diffusa clorosi (mancanza di ferro) delle foglie, alla quale fa seguito il completo disseccamento della pianta. Si combatte estir­pando e distruggendo gli esemplari colpiti;
  • marciume radicale: si manifesta general­mente in esemplari coltivati in terreni umidi e compatti. La malattia attacca le radici, che si ricoprono di uno strato più o meno spesso di muffa, con conseguente ingiallimento del­la chioma, caduta prematura delle foglie, disseccamento dei rami. Occorre intervenire ai primi sintomi distruggendo le piante colpite se sono ancora in giovane età, e spargendo sul terreno solfato di ferro, nella dose di mezzo kg per metro quadro. Se invece l’albero è ormai molto sviluppato si  può cercare di guarirlo somministrando ogni settimana un secchio d’acqua in cui siano stati sciolti 10 g di sol­fato di ferro ogni litro;

Alberi monumentali: il Faggio

faggio

II nome scientifico Fagus ha un’origine molto incerta; alcuni botanici ritengono che il no­me derivi dal greco phagò, ossia , con il significato di «albero di cui si può mangiare il frutto». Altri studiosi, invece, affermano che il vocabolo fagus provenga dal greco phag ossia dispensare, il che da­rebbe alle piante di cui ci stiamo occupando il significato di «albero dispensatore di ci­bo».

È opportuno ricordare che i frutti dei faggi, detti «faggiole», costituiscono un prezioso alimento per il bestiame e, in qualche re­gione, essi vengono utilizzati anche a scopo commestibile previo opportuno trattamento che ha per base la tostatura.

Data la mole, questi stupendi esemplari arborei non possono essere impiegati che nei giardini piuttosto vasti, in spazi aperti, battuti dal sole o, comunque, ricchi di aria e di luce. Particolarmente interessante l’im­piego e l’accorta disposizione dei faggi a fogliame colorato che soprattutto in autunno assumono sfumature di eccezionale bellezza.

Piante da appartamento, la Violetta tedesca

violetta tedesca

L’Exacum affine, meglio conosciuta come Violetta tedesca, è una pianta erbacea perenne originaria dell’isola di Suqutra, in Yemen, appartenente alla famiglia delle Genzianacee. Questa specie viene coltivata sia come annuale che come biennale; le foglie sono arrotondate e lucide, lunghe circa 3 centimetri, mentre i fusti dono lievemente carnosi. I fiori sono piccoli, circa 1 o 2 centimetri di diametro, di colore lilla, bianco o azzurro, e sbocciano tutto l’anno.

La Violetta tedesca forma un piccolo cespuglio tondeggiante che può raggiungerei 60 centimetri di altezza. I fiori appassiti vanno sempre eliminati direttamente con le mani, senza usare forbici; vanno evitati i raggi diretti del sole, anche se è comunque necessaria una luce intensa affinché la pianta continui a fiorire. Durante il periodo vegetativo la pianta richiede annaffiature regolari, anche se non devono mai verificarsi ristagni d’acqua, soprattutto d’inverno.

L’Orchidea bletilla

orchidea bletilla

Tra le varietà di Orchidee più spettacolari da punto di vista estetico è necessario ricordare la Bletilla, appartenente alla famiglia delle Orchidacee ed originaria dell’Asia (in particolare di Cina, Giappone e Taiwan).

E’ una pianta rizomatosa che tende ad allargarsi in maniera considerevole, grazie soprattutto ai forti e robusti rizomi che corrono lungo il substrato. Le foglie sono di forma stretta ed allungata e possono raggiungere il mezzo metro di altezza, colorando di verde l’ambiente circostante da metà primavera fino al termine dell’estate.

I fiori fanno la propria comparsa in primavera con colori che vanno dal giallo al bianco, dal rosa al lilla e regalano uno spettacolo con pochi eguali nel nostro giardino. Con l’arrivo dei primi freddi autunnali, la Bletilla tende a seccarsi, perdendo così tutto il suo fascino, ma il rizoma resta vivo e sopporta egregiamente anche le gelate, per poi ricominciare a produrre foglie e fiori nel periodo primaverile.

Evonimi: la pianta con una cattiva reputazione

evonimi

II nome di queste piante deriva dal greco eu, bene, e ònoma, nome, ossia «pianta dal buon nome, dalla buona reputazione». Que­sta definizione contrasta sensibilmente con le proprietà benefiche degli evonimi, ma è opportuno ricordare che nei tempi antichi, come del resto ancora oggi in Oriente, si usava chiamare con gli appellativi più dolci gli dei apportatori di malefizio proprio per ingraziarseli e sperare nella loro clemenza. Evidentemente lo stesso stratagemma veniva messo in atto anche per le piante più peri­colose.

Le specie di cui stiamo parlando servono per la realizzazione di siepi, grandi macchie verdi o variegate al centro del prato, ciuffi isolati, oppure per la coltura in grandi vasi adatti ad essere collocati sul balcone o in terrazza. Le varietà nane si prestano anche per la decorazione delle roccaglie oppure per formare basse bordure con funzione di­visoria fra l’una e l’altra parte del giardino.

Fiori primaverili, l’ornitogallo

ornitogallo

L’Ornitogallo (Ornithogalum) è una pianta bulbosa, originaria dell’Asia, dell’Europa e del nord America, appartenente alla famiglia delle Hyacinthaceae; questa bella pianta fiorita deve il proprio nome al fatto che la sua infiorescenza, quando chiusa, ricorda la cresta di un gallo: le specie più diffuse hanno infatti un’infiorescenza a pannocchie, in cui i fiori sbocciano a partire dal basso; esistono tuttavia anche specie di ornitogallo con infiorescenze rotonde o fiori singoli a forma di stella. I fiori sono in genere di colore chiaro, bianco o crema, ma esistono anche varietà con vistosi fiori rossi, arancioni o gialli.

Ornitogallo in balconi e terrazze

L’ornitogallo, oltre a fare bella mostra di sè in aiuole e bordure in primavera, si presta anche alla coltivazione in vaso in balconi e terrazze; in quest’ultimo caso però e bene proteggere la pianta dai ristagni idrici. Quanto alle cure colturali, questa bulbosa può essere coltivata sia in pieno sole che in penombra; se coltivata in vaso il terreno ideale è rappresentato da un miscuglio di torba, terra e sabbia, mentre per la coltivazione in piena terra va bene qualunque tipo di terreno purchè ben drenato. In autunno è opportuno aggiungere del concime organico.

Fioriture di marzo: l’Albicocco

Prunus armeniaca

Tra le fioriture più spettacolari del mese di marzo, non si può non ricordare quella del Prunus armeniaca, meglio conosciuto alle nostre latitudini come Albicocco.

Si tratta di una pianta da frutto appartenente alla famiglia delle Rosacee ed originaria dell’Asia minore, da dove poi ha trovato larga diffusione in tutte le zone temperate del Pianeta. Il nome botanico, scelto da Linneo, fa riferimento all’Armenia, sebbene quella zona del Globo non rappresentasse propriamente la culla della coltivazione di albicocchi, molto diffusi all’epoca nelle regioni più a sud.

Può raggiungere i 5-6 metri di altezza e presenta un fusto nodoso e contorno, dal quale partono dei rami che contribuiscono a creare una chioma tondeggiante, con foglie liscie a forma di cuore dal colore verde chiaro. Le infiorescenze sono invece di colore bianco-rosato ed arrivano abbastanza precocemente rispetto a quelle di altri alberi da frutto, andando incontro anche al rischio di gelate tardive.

Piante grasse: la Graptopetalum bellum

graptopetalum bellum

Al genere Graptopetalum appartengono delle piante grasse originaria dell’America Centrale, appartenenti alla famiglia delle Crassulaceae, particolarmente adatti ai giardini rocciosi. Questo genere si caratterizza per le foglie spesse, acquose e succulente, e per i fiori raggruppati in piccole ombrelle sorrette dallo stelo.

Esistono diverse varietà di Graptopetalum: c’è quella Ametistinum che sembra un piccolo arbusto, con foglie di colore grigio-blu, la Pachyphyllum simile alla varietà precedente ma con le foglie bianche, la Paraguayense dalle foglie bianco-grigie e con i fiori bianchi e la Graptopetalum bellum, una pianta grassa ideale per gli interni che si caratterizza da fiori rossi che sbocciano in primavera.

Alberi monumentali: il Cipresso, eleganza e aristocrazia

Cipressi

II suo nome deriva dal greco kyparissos da cui ebbe origine il nome dell’isola di Cipro dove, probabilmente, nascevano spontanei molti cipressi.

Queste belle piante sono molto antiche e vivono a lungo, tanto che si parla di cipressi che raggiunsero la veneranda età di ben tre­mila anni, ma non mancano affermazioni sull’esistenza di esemplari vecchi di ben sei­mila anni, il che farebbe localizzare la loro nascita addirittura nella preistoria.

Nei grandi giardini, purché dislocati in cli­ma non troppo freddo e nel paesaggio adat­to, i cipressi portano una nota di grande eleganza e di aristocratica suggestione.

Disposti in filari o in gruppi, possibilmente contro lo sfondo argenteo degli ulivi, i cipressi si alzano snelli e maestosi insieme e durante l’epoca della fruttificazione pro­fumano intensamente l’aria di un aroma fre­sco e resinoso, assolutamente inconfondibile.

Ortica, utilissima per la salute

ortica

Chi non ha mai avuto “un incontro ravvicinato” con una pianta di Ortica? Al contatto con la pelle, la sensazione di bruciore è immediata, tanto che verrebbe da pensare che si tratti di una pianta perfettamente inutile. E invece l’Ortica è una delle piante più utilizzate dal punto di vista medicinale per via delle sue numerose proprietà, di cui vi daremo conto più avanti.

In queste poche righe ci limiteremo alla presentazione dell’Urtica dioica, appartenente alla famiglia delle Urticacee e diffusa in tutte le zone a clima temperato.

Si tratta di una pianta caratterizzata da fusto eretto, foglie picciolate e dentellate e piccoli fiori di colore giallo. Le foglie sono ricoperte da una leggera peluria, responsabile delle irritazioni dell’epidermide, per via della presenza di acido caustico.

Fioriture di Marzo

fioriture marzo

Soprattutto nelle regioni dell’Italia centro meridionale il mese di Marzo coincide con il momento della piena ripresa vegetativa e, quindi, sono moltissime le specie che co­minciano a fiorire, sia per quanto riguarda gli arbusti e gli alberi, sia per quanto con­cerne le erbacee annuali, le biennali o le perenni.

Assai difficile, quindi, elencare le piante che in Marzo iniziano ad emettere le corolle, tanto più che molte fra queste specie sono di tipo spontaneo ed hanno il loro naturale «habitat» fra i campi e lungo i margini dei boschi.

Tipiche rappresentanti di questa flora mino­re, ma tanto graziosa e preziosa, le primule veris dal giallo inconfondibile, le violette mammole, le pratoline, le calendule, gli anemoni.

Cominciano anche a fiorire ovunque gli ar­busti e gli alberi, come il gelsomino primolino, la forsizia, le magnolie a foglia caduca, alcune clematidi e il glicine, i meli e i ciliegi da fiore, le camelie, i limoni e qualche azalea precoce.

Come innestare le piante grasse

innesto pianta grassa

La fantasia dei vivaisti non conosce limiti, specie quando si tratta di partorire nuove e affascinanti creazioni molto particolari dal punto di vista estetico. In questo senso, l’innesto risulta essere l’arma migliore, poiché permette di “unire” due diverse piante, affinché diventino un solo corpo.

Immaginate dunque cosa può accadere quando le due piante sono due cactacee, già spettacolari se prese singolarmente e rese ancor più affascinanti se messe insieme.

Ma solo i vivaisti esperti possono adoperarsi nell’arte dell’innesto delle piante grasse? Naturalmente no. Anche il giardiniere principiante può creare dei piccoli capolavori, seguendo la procedura corretta ed attenendosi a delle semplici regole. Quali?

Il genere Echeveria

genere echeveria

Le piante appartenenti al genere Echeveria sono delle succulente appartenenti alla famiglia delle Crassulaceae originarie del Messico, che prendono tale nome in onore del pittore messicano Atanasio Echeverria, famoso per i suoi dipinti di piante. Le piante Echeveria si caratterizzano per avere le foglie piatte e carnose disposte a rosetta, e fiori di lunga durata.

Le piante del genere Echeveria sono abbastanza facili da coltivare e hanno poche esigenze: l’importante è ricreare il più possibile le condizioni del loro habitat naturale; richiedono un terreno poroso molto drenante composto da terra concimata unita a polvere di carbone e a sabbia grossolana, e un’esposizione molto luminosa, che per alcune specie si traduce in piena esposizione al sole.

Le annaffiature devono essere regolari nel periodo estivo, mentre possono essere sospese in inverno, soprattutto se la temperatura scende sotto ai 4°C; in caso di temperature superiori, la pianta deve essere bagnata raramente.